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Scent Stories: Fabio Lo Coco
Febbraio, 2023


Scent Stories e’ una vetrina mensile per le maison che ci stanno a (sacro) cuore. Indipendenti, nuovi, veterani del mestiere: ogni brand ha la sua storia, il suo intreccio unico di creativita’, arte, ed intraprendenza. Questo mese la nostra Scent Story scopre Fabio Lo Coco Profumi, brand italiano di ricerca.
Una storia di radici, terra e ricordi indelebili.
Intervista di Anna Viceconti.
Cominciamo dall’inizio. Quali sono gli odori di infanzia, primordiali, che ti hanno formato più di tutti?
L’olfatto è stato determinante nella mia vita. Non solo per la creazione delle fragranze, ma a livello ancestrale. E’ stato l’olfatto a radicarmi in Sicilia. I ricordi dei miei nonni e zii, delle loro case e giardini, sono ricordi olfattivi, e sono stati fondamentali in questi anni passati a Milano. Sono ricordi bellissimi e felici.
Le pellicole del Super 8 che maneggiavo a casa di mio zio, il fico su cui mi arrampicavo le rose nel giardino… più si invecchia, più i ricordi antichi riaffiorano e diventano vivi. Anche bendato, ti saprei distinguere tre versioni diverse di un piatto della mia infanzia, cucinate da tre persone importanti per me. L’olfatto ha una potenza incredibile.
E il profumo è qualcosa che ti ha sempre appassionato?
Sono sempre stato attratto dai profumi come prodotto, ma sono sempre stato forse più legato all’olfatto in generale. Dicono abbia un pollice verde ed ho un rapporto speciale con le piante: fiori ed alberi sono sempre stati importanti nella mia vita. Infatti ho immaginato anche la piramide dei miei profumi come un albero.
Come è nata l’idea di sviluppare una tua linea di fragranze?
Da molto tempo volevo sviluppare un progetto personale, che fosse connesso alle mie origini. Io lavoro anche come make up artist, e il mio lavoro è commissionato da altri marchi. Volevo invece creare qualcosa che fosse associato alle mie radici, che fosse anche un atto d’amore.
Nel 2014 c’è stata la decisione di creare il brand, ed ho contattato Nicola Bianchi, maestro profumiere con il quale continuo a collaborare. Creata la prima fragranza, aspettammo che maturasse perché io ero un pò scettico, non sentivo quello che avevo tra i miei ricordi.
Tornato da un viaggio in Africa provai ad annusarla di nuovo, dopo che aveva avuto il tempo di scaldarsi e maturarsi. Mi ricordo ancora quel giorno. A Milano nevicava, e appena annusai il profumo iniziai a piangere: il profumo mi aveva riportato immediatamente al luogo ed al momento in cui l’avevo sentito per la prima volta, al luogo che mi ha ispirato il quadro olfattivo.
La fragranza, Oud Narang, voleva esprimere l’odore della mia pelle dopo una giornata al mare ed al sole di Taormina, ed in quel momento era come se fossi tornato lì. La seconda fragranza, Moorish, è stata prodotta a Luglio 2015, e il lancio è avvenuto in autunno con due prodotti già pronti.
Mi sembra che la creazione della prima fragranza, Oud Narang, sia stata relativamente rapida. Questo è un segnale positivo del tuo rapporto con il naso, Nicola Bianchi?
Siamo entrati immediatamente in sintonia. Quando ci siamo incontrati io ho provato a descrivere nei minimi dettagli il quadro che avevo in mente. La mia visione era veramente granulare, millesimale, e Nicola ha colto subito quello che cercavo di spiegare. Ovviamente la creazione di Moorish è stata invece più complessa ed impervia… come le pareti dell’Etna, a cui è ispirato. Per Mariduci il tempo è stato ancora più lungo, nonostante io abbia amato alla follia la fragranza dalla prima volta che l’ho sentita.
Hai sempre immaginato il brand come “di nicchia” o di ricerca?
Ritengo che sia importante avere le idee ben chiare, e sapere che si può arrivare a molti, ma non a tutti. Semplicemente per una questione di gusti, non si può piacere a tutti. Devo dire però che il concetto di “esclusività” ha per me una connotazione negativa: significa negare l’accesso a qualcuno, la cosa non mi lascia imperturbato. Ritengo che il profumo sia libertà, e che per questo non possa essere qualificato come “di nicchia”.
Potrei riconoscerlo come artistico, per via del processo che lo crea. Io non ritengo che il profumo sia solo di chi ha un certo potere d’acquisto ma di tutti…in mia presenza è successo che i gestori di una profumeria alzassero il sopracciglio con dei clienti suggerendo che non fossero adatti, che non potessero permettersi, le mie fragranze, anche se poi gli stessi clienti le hanno acquistate. Questo è un comportamento che trovo inaccettabile.
Un oggetto “di nicchia” potrebbe essere il vaso dell’antica Grecia, un oggetto da esposizione dentro che nessuno può toccare. Per questo io non posso definirmi di nicchia. Il profumo è di tutti.
Le tue fragranze parlano, più di tutto, di radici profonde, quelle che ci connettono alla nostra terra ed al nostro passato. Le tue radici sono state sempre così forti?
Sicuramente essere fisicamente lontano ha inciso molto sul mio percorso, anche se per fortuna è relativamente facile raggiungere la Sicilia. I primi anni forse ero un po’ in uno stato di shock: per la mancanza di sole, di cielo azzurro, di estate. Ma quello che ha avuto veramente peso su di me sono stati alcuni lutti, che mi hanno scosso e hanno cambiato i luoghi ma non i ricordi che associavo agli affetti.
Le mie radici sono emerse più avanti con il tempo, dopo una lunga maturazione che mi ha reso consapevole di ciò che avevo percepito e che sentivo. A volte non si dà alle esperienze il giusto peso, la giusta prospettiva mentre le si vive.
Creando fragranze ispirate soprattutto alla Sicilia, hai scoperto qualcosa di nuovo sulla tua terra? Qualcosa che non ti aspettavi?
Il filosofo Manlio Sgalambro sosteneva con fermezza che la Sicilia è un fenomeno estetico, e io ho fatto mio questo pensiero soprattutto negli ultimi anni. La Sicilia tocca delle corde particolari in chi la visita, e genera emozioni molto contrastanti in chi la conosce. Le mie fragranze raccontano una Sicilia incredibilmente intima, ed è incredibile come le mie visioni creino delle emozioni fortissime e diverse nelle persone che le provano.
Quando vai in Sicilia, non sai mai cosa ti aspetta. E’ un luogo talmente poliedrico e diverso che ti può incantare, disarmare e fare scoprire ogni volta qualcosa di totalmente nuovo; dipende tutto dalla chiave di lettura.
Come è iniziato il tuo rapporto con Sacro Cuore? Che importanza ha avuto per te?
La storia di come sono entrato in Sacro Cuore è legata proprio alla Sicilia. Ho incontrato Giovanni allo Smell Festival, in un evento dove ho presentato le mie fragranze con immagini e video. E’ stato un evento magico, nel senso in cui definiscono la magia gli shintoisti: ci sono luoghi, condizioni ed unioni di oggetti che generano magia. Una seconda magia è avvenuta quando ho incontrato Lia, la prima volta in cui ho portato le mia fragranze nella vostra profumeria.
E’ stato un incontro molto empatico… o almeno, Lia è stata molto empatica verso di me, mentre io avevo una certa soggezione! Sacro Cuore per me, e penso per molti, è un po’ l’Olimpo della profumeria artistica europea.
Lia ha radici siciliane, e quando ha sentito Moorish per la prima volta si è commossa. Anche per lei, la fragranza ha generato delle emozioni forti, e l’ha riportata alla sua Sicilia, la sua terra. Un momento bellissimo, che per me ha contato molto e che ricordo con affetto.
Secondo te in questo momento ed in questo mercato della profumeria, che spazio hanno profumerie come Sacro Cuore?
Se posso essere schietto, penso che in generale ci sia una totale mancanza di cultura emozionale ed olfattiva legata alla profumeria veramente di ricerca. Penso anche che siano in pochi ad osare con un brand che ha non una distribuzione radicale in tutta Italia. Ci sono regioni in cui ancora il mio brand non è distribuito, perché io scelgo solamente spazi e persone che possano accogliere anche la mia filosofia. In questo senso, profumerie come Sacro Cuore sono fondamentali.
"Un oggetto di nicchia è qualcosa che non si può toccare. Il profumo non è di nicchia, è di tutti."